Nei Cardinali di Marco Delogu non ci sono molte “mezzombre”. Questa “nigredo” – su cui sempre, ma in questo caso più vistosamente Marco Delogu lavora – come l’antica nigredo alchemica ha molte funzioni. Racconta in primo luogo lo sforzo dello sguardo per formare l’immagine, racconta come lo scuro, ciò che rimane in ombra, sia anch’esso immagine e come l’occhio di chi guarda non debba arrestarsi, arenarsi nell’immediata visibilità. Se la fotografia è sempre pura contingenza, emanazione dell’immanenza, transitorietà illusoriamente arrestata, è contro tutto questo che il fotografo dei Cardinali vuole combattere. E l’ombra è la sua arma. L’ombra che ciascuno porta in sé salva la figura dalla sua povertà contingente, la preserva dalla bidimensionalità effimera dell’immagine, la colloca in uno spazio scultoreo, monumentale, e insieme in uno spazio di contrapposti: cioè storico, non decorativo.
Elisabetta Rasy